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1982-2007.
Venticinque anni sono passati dall’affacciarsi dei Marillion sul panorama
musicale mondiale. Da “seguaci” dei Genesis epoca Gabriel a fautori di un
elegante e introspettivo progressive di matrice floydiana attento alle
moderne evoluzioni del rock. I Marillion divorziarono da Fish, il carismatico
cantante dei primi anni di carriera, diciotto anni fa all’apice del successo. I
loro LP Misplaced Childhood (qualcuno si è dimenticato di un single-killer
come Kaileigh?) e Clutching at Straws furono capaci di vendere
più di un milione di copie ciascuno praticamente solo in Europa. Quella fama e
quel successo non sono più tornati ma la creatività e la voglia di non seguire
necessariamente le mode musicali hanno sempre spinto la band verso strade
spesso difficili e poco battute. Il successore di Fish, Steve Hogarth, si è
dimostrato ottimo cantante e un frontman competente. Steve ha ridato
credibilità e personalità a una band sempre troppo sottovalutata dalla stampa.
Album come Season’s end, Brave e Marbles testimoniano come la musica dei Marillion sia in continua
evoluzione, una storia lungi dall’essere finita.
Il
nuovo album Somewhere Else uscirà ad
aprile e sarà il decimo dell’era Steve Hogarth. Con un gentilissimo Mark Kelly
(tastierista della band) abbiamo chiacchierato sulla genesi del nuovo CD
e...sulla programmazione di quello successivo! La stagione dei Marillion sembra
non finire mai.
MB: Ai primi ascolti questo nuovo album
sembra più rock rispetto a Marbles
con meno momenti riflessivi. E’ più diretto.
MK:
E’ senz’altro più diretto. E’ una cosa che non abbiamo pianificato. I fan si
interrogano e ci chiedono sempre se il nuovo album rappresenterà una nuova
direzione per la band, perchè le canzoni sono più corte, perchè non ci sono
soli di tastiera, e così via. Cadono sempre nello stesso errore di
categorizzare tutto. Non abbiamo il controllo su queste cose. Quando iniziamo a
lavorare su un nuovo progetto lo facciamo sempre allo stesso modo, con lunghe jam, in modo molto spontaneo. E’ un
processo di selezione naturale dove le migliori idee sopravvivono e le peggiori
vengono messe da parte. La persona che oggi è maggiormente responsabile per la
direzione musicale della band è Mike (Hunter), il nostro produttore. E’ stato
molto coinvolto nella musica e ha anche registrato delle parti di tastiera per
l’album; la parte orchestrale alla fine di the Last century for man è opera sua. E’ un ottimo musicista ma non si
unirà alla band, è solo un aiuto importante in sede di composizione e
registrazione.
MB: In questo modo avete tre tastieristi
nella band. Una situazione insolita.
Già.
Ma si tratta solo di piccoli aiuti. E’ cambiato molto il concetto di suoni
tastieristici nella band dai vecchi tempi ad oggi. Si tratta soprattutto di
tappeti, di atmosfere, pochi interventi solistici.
Dipende
solo dal gusto personale e il gusto è soggetto a dei cambiamenti. Oggi
preferisco avere queste sonorità piuttosto di quelle dei nostri primi album.
Non posso immaginare di suonare oggi alcune cose che suonavamo nei primissimi
anni dei Marillion.
MB: Ti sentiresti a disagio a presentare
alcuni vecchi brani?
Esatto.
“The Web”, “Incubus”…mi sembrano brani molto naive, molto semplici. La gente
pensa che la musica che suonavamo negli anni ottanta fosse complessa. In realtà
è molto più complessa quella che suoniamo oggi, semplicemente “suona” più
semplice.
Oggi
rendiamo semplici le cose difficili. Prima rendevamo difficili le cose
semplici.
MB: Marbles
è stato un concept lungo e intricato
però posseddeva un paio di tracce molto melodiche: con You’re gone e Don’t hurt
yourself avete avuto anche un ottimo ricontro di vendite. A un primo
ascolto questo nuovo Somewhere else
non sembra avere canzoni che possano eguagliare il precedente successo
commerciale.
In
effetti ci sono state molte discussioni per il possibile singolo da scegliere
per quest’album. In realtà non si tratterà proprio di un singolo da vendere nei
negozi, quanto di una canzone da dare alle radio perchè la trasmettano come
guida per il disco. Ma per questa scelta noi della band siamo forse le persone
più sbagliate. Siamo parte in causa e ognuno di noi ha la sua favorita. Per
Steve Rothery era See you like a baby
(che risulterà essere alla fine la prescelta per la promozione in radio. ndr.),
per me doveva essere Thank you whoever
you are, per Pete doveva essere Most
toys. Per Steve Hogarth la preferita era Half the world, un brano alla fine neppure inserito nel
disco...insomma ognuno aveva in mente una canzone diversa. Allora ci siamo
presi una pausa e abbiamo lasciato a persone esterne la decisione. Senza aver
prima sentito nulla ci hanno indicato la traccia da scegliere.
MB: A distanza di tempo cosa ne pensi
della pubblicazione come singolo di Hooks
in you nel 1989? Fu la prima volta che i fan poterono vedere e ascoltare
Steve Hogarth come vocalist dei
Marillion.
Ora
ritengo che fu un errore. Diede un’idea sbagliata della band. Non rappresentava
per nulla un album così bello e sfaccettato come Season’s end. Era un momento cruciale per noi. Fish se n’era andato
e i fan erano ansiosi di vedere quale direzione avrebbe preso la band. Molti
dopo aver sentito Hooks in you
decisero di non comprare l’album. Vendette ugualmente bene ma sempre la metà di
Clutching at straws. Avrei preferito Easter come primo singolo con un bel
solo di chitarra nel mezzo del pezzo. Un brano più tipicamente Marillion.
MB: Hai parlato del brano Half the world. La canzone d’apertura di
Somewhere else è The other half.
Sono forse collegati questi due brani e quindi i due lavori?
Avremmo
dovuto intitolare quest’album Half the
world e il prossimo The other half.
Questo perchè avevamo abbastanza materiale per due album. Non riuscivamo però a
decidere quale dei due brani sarebbe dovuto andare sul primo CD che sarebbe
stato pubblicato. Avevamo 15 canzoni pronte. Non abbiamo scelto necessariamente
le migliori per Somewhere else. Pensa che Last
century for man avrebbe dovuto aprire il nuovo album perchè è stata la
prima a essere composta ma verso la fine del processo Steve Hogarth ha
suggerito di aprire con The other half e da lì siamo andati
avanti a comporre tutto il resto del disco.
MB: Sembra che i fan dei Marillion
preferiscano i dischi più difficili e impegnativi come Brave. Come lo spieghi?
Sì,
è così. Anche noi all’epoca pensavamo di aver registrato la miglior cosa della
nostra carriera. Quando però lo analizzi a pezzi non ti sembra così buono. E’
molto valido se considerato nell’insieme. E’ un gran concept ma le sue parti distinte non sono così valide. E’ una cosa
che vale per molti concept.
MB: Di cosa parlano i testi di Somewhere else?
Somewhere else non è un concept.. Tratta di situazioni attuali. Ci
stiamo chiedendo: “Cosa sta succedendo nel mondo? Cosa succede in Iraq? In
Iran?”. Personalmente ho una visione ottimistica delle vicende del mondo. Ci
vorranno 100 anni forse...ma ce la faremo a sistemare tutto. Se si cerca di
sistemare tutto in un tempo troppo breve si rischia di creare problemi
maggiori. Poi c’è sempre comunque la visione personale di Steve (Hogarth) e di
quello che gli succede nella sua vita.
MB: Brave
e Radiation hanno rappresentato entrambi due nuovi corsi musicali per la band.
Pensi che Somewhere else possa
aprirne uno nuovo?
Anche
in questo discorso interviene il ruolo dei produttori. Dave tendeva a farci
tenere tutto quello che componevamo o registravamo. La musica era molto densa,
il sound non era perfettamente
chiaro. Dave ha fatto un lavoro fantastico con noi. Sto solo analizzando da un
punto di vista artistico. Mike è più organico. Preferisce un suono più
naturale. Se possibile ci fa usare degli strumenti veri. Mi ha limitato
moltissimo l’uso di strumenti virtuali. Abbiamo usato un vero pianoforte, un
vero hammond, delle vere glockenspiel. Gli strumenti virtuali
sono praticissimi. Ormai hanno raggiunto una fedeltà impressionante.
L’approccio di Mike è comunque di utilizzare gli strumenti veri. Su She threw me out, che troverete sul
prossimo album, abbiamo usato addirittura un vero harmonium.
MB: Com’è cambiata la vita dei Marillion
attraverso gli anni dagli ’80 ad oggi?
Quest’anno
è il 25° anno dei Marillion. Fish ha portato sul palco Misplaced Childhood per il ventennale e ora sta preparando Clutching at straws. Non c’è alcun
problema con lui. I nostri vecchi dissidi sono ormai sopiti da molti anni. Ha
fatto parte di quella storia, di quegli album. E’ un traguardo il fatto che
dopo 25 anni la gente si ricordi ancora di noi. Non è da tutti rimanere insieme
per così tanto tempo. Siamo ancora amici come lo eravamo vent’anni fa. Ci
divertiamo insieme, ci divertiamo alle spalle degli altri, quando uno di noi
non è presente...Ci facciamo tante risate. I gruppi si separano perchè hanno
esaurito la creatività. Brian Eno lasciò i Roxy Music perchè si era annoiato. Paul
Weller lasciò i The Jam e Peter Gabriel i Genesis per la stessa ragione. Per
ora non siamo arrivati ancora a quel punto. Se uno di noi vuol registrare
qualcosa da solista è liberissimo di farlo. E’ un continuo processo di rinnovamento di energie
.
Così
è nato Marbles. Per noi è stato molto
importante. Abbiamo avuto anche due hit
singles, certo non successi planetari, ma ci hanno permesso di vivere
meglio. Non siamo dovuti ricorrere al pre-order
per Somewher Else. Prima ne avevamo
bisogno. Non era un trucco per intascare soldi. Per me era come chiedere a un
amico un piccolo prestito. Puoi farlo però una o due volte, dopo devi starci
attento. La cosa curiosa è che molti ci hanno chiesto perchè non abbiamo fatto
un pre-order anche per questo CD.
Volevano essere coinvolti, avere un’edizione speciale, avere il loro nome sul
libretto.
MB: Non dobbiamo aspettare quindi molto
per il prossimo album...
No.
In effetti l’abbiamo quasi finito di scrivere e l’abbiamo in parte anche già
registrato. Ci servono però ancora dei brani. Dobbiamo finire il discorso con
Mike Hunter...deve ancora terminare delle parti di tastiera (risate...).