giovedì 19 marzo 2009

Marillion - Misplaced Childhood (1985)


VOTO ☻☻☻☻
VOTO ☻☻☻☻½ (Aggiornato al 2011)

Che voto dargli? E' stato il disco per antonomasia della mia adolescenza. Si è detto tutto di questo disco. Ancora bellissimo, ingenuo, avvolgente, trascinante dopo tutti questi 24 anni. Una prima parte più semplice, costruita perfettamente, un po' come la prima facciata di The Wall. "Kayleigh" e "Lavender" sono due singoli perfetti, non troppo ruffiane da provocare smorfie in noi vecchi affezionati, ma nemmeno troppo complesse per non tagliere fuori nuove legioni di fan.
L'attacco di "Pseudo Silk Kimono" nella sua semplicità riassume la perfezione dell'album. La prima parte di "Bitter suite" e "Waterhole" sono i momenti che meno mi piacciono ma niente male comunque. Heart of Lothian vede finalmente le prime note di mini moog, che piano piano si astrae dal sound del gruppo, e uno Steve Rothery che furoreggia. Pezzo splendido e con quel finale soffuso da pelle d'oca. La seconda parte è più elaborata, più scura. "Lords of the backstage" è un aperitivo ai miei due brani preferiti. "Blind Curve" in nove minuti riassume molte delle atmosfere tipiche della prima fase dei Marillion. Non ho mai perdonato a Rothery la sua scelta di non eseguire mai dal vivo quegli "ululati" di chitarra su "Vocal under a Bloodlight" : forse il miglior attimo del disco. La minisuite procede poi con la dolce "Mylo" fino all'esplosione finale dove si riprende il tema portante del disco. La musica ininterrotta fluiscce nella bellissima "Childhood's End". E anche qui non perdonerò mai i Marillion di aver tagliato a un certo punto del tour (come testimoniato su The Thieving Magpie) la terza strofa cantata dopo l'assolo. Perchè? Quel minuto e mezzo rovinava tutto? Comunque...brano fantastico e pieno di dolcezza e energia. Il disco si conclude in leggerezza con "White feather" che è ametà tra un inno e una marcetta.
Se brano per brano Misplaced Childhood non regge il confronto coi due mostruosi predecessori, si afferma invece per la sua coesione, la sua immediatezza, per i suoi arrangiamenti sapienti e delicati.
Un grandissimo disco che fotografa forse il periodo (1985/86) più felice e fortunato dei Marillion.

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