martedì 22 dicembre 2009
Marillion - Less is more (2009)
Voto ☻☻½
Mah...alla fine il risultato è piacevole ma tutto sommato inutile. Di arrangiamenti pseudo-acustici non se ne sentiva particolare bisogno.
Il lavoro è stato notevole e molti brani sono stravolti. The Space non è male, come pure Quartz è Interior Lulu. Hard as love, Wrapped up in time e Cannibal surf babe non sembrano invece giovarsi di questa nuova veste.
In breve un lavoro di alleggerimento sulla scia dei dischi unplugged (croce o delizia?) che quindici anni saturano il mercato.
Attendiamo il 2010/11 per produzioni più importanti.
venerdì 13 novembre 2009
MARILLION - Happiness is the Road (2009)
Voto ☻☻☻☻½
Volevamo il Dark Side of the Moon dei Marillion? Eccoci accontentati. Non significa necessariamente il miglior album di una carriera. Happiness is the road rappresenta il vertice dal punto di vista degli arrangiamenti, della scelta di suoni, della compattezza, della fusione fra musica e testi.
Ne sono rimasto subito ammaliato. Il lavoro si compone di due CD. Il primo è un concept e ha il sottotitolo di Essence. Si parla del difficile periodo che Steve Hogarth ha dovuto attraversare dopo il divorzio da sua moglie e la rinascita ottenuta tramite uno psicanalista. L'album ha tonalità soffuse, molto calde, con le tastiere in bella evidenza. Splendidi tappeti e atmosfere create da quel grande tastierista che è Mark Kelly. La chitarra di Steve Rothery è apparentemente secondaria ma in realtà cesella suoni, soli, rifiniture al solito perfette. La voce di Steve Hogarth è ancora bellissima, sofferta, malinconica ma con una strana "inclinazione" alla speranza, o almeno l'ho percepita in questo modo. I brani fluiscono splendidamente l'uno nell'altro; dopo l'intro di "Dreamy Street", "This Train is my Life" delinea le coordinate malinconiche dell'album e attraverso "Essence", la commovente "Wrapped up in time" (forse la mia preferita), l'ipnotica "Liquidity" e brani pregni di sofferenza e fatica come "Nothing fills the hole" e "Trap the Spark" veniamo catapultati nei dieci minuti finali della title track dell'intero doppio CD. "Happiness is the road" è il sunto del disco a livello di sonorità e arrangiamenti. Un etereo tappeto di tastiere e voce introduce con delicatezza fino all'ingresso della ritmica per la seconda sezione che quasi in punta di piedi ci porta all'imperioso ritornello. In pochi istanti siamo sommersi da un armonia quasi gotica. Mark Kelly giganteggia come ai vecchi tempi e la canzone si conclude in modo spettacolare ripetendo la sezione del ritornello ad libitum. Prima del secondo CD Essence si conclude con una semi ghost-track "Half full jam": un giro ripetuto con aumento del'intensità. Carino ma non essenziale.
Il secondo CD si intitola The Hard Shoulder e presenta coordinate diverse. Nonostante non sia sotteso un concept i brani risultano ben selezionati. La chitarra è un po' più protagonista. "Thunder Fly" apre con verve e intelligenza ma è "The Man from the Planet Marzipan" ad innalzarsi imperiosa a splendida composizione di prog moderno che nulla ha a che spartire con millantati eroi del new rock anni novanta o duemila tipo Radiohead o Coldplay. Davvero impressionante il lavoro sui suoni (splendidi quelli di batteria e basso tro l'altro) di questo brano. "Asylum Satellite #1" si prolunga per oltre nove minuti tra ricordi psichedelici e affascinanti evoluzioni ritmiche ma è il gioiellino "Older than me" che mi colpisce particolarmente. Un'infatuazione di H per una donna più vecchia di lui (e visto che Steve è sulla cinquantina c'è da sorridere) lo ispira per questa splendida composizione che mi ricorda tanto il new prog di inizio anni ottanta, quando un giro ossessivo di tastiera veniva ripetuto diverse volte ma sempre con una variazione di enfasi o di atmosfera che regalavano una novità ad ogni strofa. Bellissimo.
"Half the world" e "Especially true" sono forse i brani meno riusciti ma risultano ugualmente godibili. "Whatever is wrong with you" è un buon brano per un singolo, divertente e ben suonato. "Throw me out" inizia sommessa ma poi si impone imperiosa con degli splendidi cori che tanto ricordano il canterbury sound o al limite alcune cose di Trespass dei Genesis.
Il CD si chiude con un'altra gemma: "Real Tears for Sale" è una splendida conclusione. Alcune sonorità rimandano alla bella "King" ma l'atmosfera è molto più settantiana, le strofe semi-pacate preparano allo fantastico ritornello e alla conclusione di un'opera ambiziosa ma perfettamente riuscita. Se da un lato HITR perde il confronto con Marbles, ad esempio, se confrontato canzone per canzone (mancano brani di grande respiro come Invisible Man, Ocean Cloud o Neverland), dall'altro risulta vincente per la coesione fra i vari brani e per l'atmosfera complessiva che scaturisce dai "solchi" di questo doppio CD. Un po' come confrontare Misplaced Childhood a Fugazi se vogliamo. Un lavoro fantastico che lentamente prende possesso dei tuoi sensi.
La felicità è la strada...
mercoledì 14 ottobre 2009
MARILLION - Somewhere else (2007)
Voto ☻☻½
Il passo indietro rispetto a Marbles è innegabile; Somewhere else è un disco di alleggerimento, un disco "normale" insomma. Non si possono sempre incidere doppi album o concept. L'ascolto dell'album è piacevole, soprattutto la sua prima parte.
"See it like a baby", "Most toys" sono divertenti, mentre "Thank you wherever you are" con quel suo andamento "zoppo" derivante dal 6/8 delle strofe ammalia a affascina nello stacco quasi gotico di pianoforte a metà brano. "The Other half" e "Somewhere else" sono i due capolavori del disco. La prima inizia roccheggiando con Steve Rothery in evidenza ma finisce con una grande enfasi e con una splendida romantica melodia di Steve Hogarth. La title track racchiude in 8 minuti atmosfere simili al capolavoro "Ocean Cloud": malinconia, nostaglia, autunno... Bellissimo anche il solo finale di Rothery.
La seconda parte del disco è più riflessiva. "A voice from the past" (Fish?), "No such thing" e l'impalpabile "Faith" a chiudere il lavoro. "Wound" e "Last century for man" completano il quadro con buona verve ma senza spunti geniali.
In definitiva un buon album di transizione.
Il passo indietro rispetto a Marbles è innegabile; Somewhere else è un disco di alleggerimento, un disco "normale" insomma. Non si possono sempre incidere doppi album o concept. L'ascolto dell'album è piacevole, soprattutto la sua prima parte.
"See it like a baby", "Most toys" sono divertenti, mentre "Thank you wherever you are" con quel suo andamento "zoppo" derivante dal 6/8 delle strofe ammalia a affascina nello stacco quasi gotico di pianoforte a metà brano. "The Other half" e "Somewhere else" sono i due capolavori del disco. La prima inizia roccheggiando con Steve Rothery in evidenza ma finisce con una grande enfasi e con una splendida romantica melodia di Steve Hogarth. La title track racchiude in 8 minuti atmosfere simili al capolavoro "Ocean Cloud": malinconia, nostaglia, autunno... Bellissimo anche il solo finale di Rothery.
La seconda parte del disco è più riflessiva. "A voice from the past" (Fish?), "No such thing" e l'impalpabile "Faith" a chiudere il lavoro. "Wound" e "Last century for man" completano il quadro con buona verve ma senza spunti geniali.
In definitiva un buon album di transizione.
lunedì 28 settembre 2009
MARILLION - Marbles (2004)
Voto ☻☻☻☻
Precisiamo subito che la recensione si riferisce alla versione doppia del disco. Infatti nei negozi era possibile trovare la versione single CD che lasciava molto perplessi. Nonsi capisce infatti come alcuni brani davvero splendidi siano stati relegati alla versione doppio CD reperibile solo sul sito della band. Misteri.
Comunque Marbles è un gran bel lavoro. E' il secondo disco, dopo Brave, davvero importante per la crescita musicale del gruppo epoca Hogarth.
Il primo CD è eccellente e progressivo in senso molto moderno. Ci sono lunghe strutture come The Invisible Man e Ocean cloud (fra le migliori composizioni in assoluto dei Marillion) che presentano sonorità scure, affascinanti, ammalianti, con improvvise sferzate, colpi geniali, melodie eleganti e moderne. Due brani fantastici. C'è Genie, un gioiellino spensierato molto britannico che riporta alle vecchie b'sides di qualità dei Marillion. Fantastic place e The only unforgivable thing sono brani di un'eleganza unica, con ottimi arrangiamenti di Mr. Kelly e sapienti cesellature di Rothery. Peccato che il secondo CD non conservi la stessa drammaticità della prima parte. The Damage, You're gone (top ten inglese fra l'altro) e la bella Don't hurt yourself sono brani carini ma che non mordono più di tanto. Si fanno ascoltare. Angelina risulta poi, a dire il vero, un po' stucchevole. Il finale del Cd però si rialza orgogliosamente con l'oscura Drilling Holes e la bellissima chiusura di Neverland.
Marbles è dunque un disco importantissimo per l'evoluzione della band; un progressive in tutto e per tutto moderno, slegato dai giganti del passato, in una parola: originale. La qualità è davvero alta e solo un alleggerimento eccessivo nella seconda parte impedisce a Marbles di ottenere una votazione all'altezza dei classiconi degli anni ottanta. I 18 minuti di Ocean Cloud rimarranno però indelebili nella loro discografia.
* Fra i numerosi live del periodo messi in circolazione del sito ufficiale si consiglia per lo meno il doppio Marbles by the Sea con la riproposizione completa di Marbles con Ocean Cloud come bis.
martedì 15 settembre 2009
MARILLION - Anorak in the UK (2002)
Voto ☻☻☻½
Ottimo live della fase di transizione a cavallo dei due millenni. I brani di Anoraknophobia fanno la parte del leone con ottime versioni ma si segnalano anche le belle Rich, Go, Man of a thousand faces, le splendide Out of this world, Afraid of sunlight, The Great escape, King. La registrazione davvero ottima è una goduria per l'orecchio. Le uniche pecche si possono trovare nell'esclusioni di alcuni capolavori come This strange engine, Interior Lulu, Cathedral wall. Assolutamente da preferire la versione doppia del CD rispetto a quella singola, commercializzata. La single version include Easter mentre nella doppia i brani sono ben 17 con le ottime aggiunte di This is the 21st century e When I meet God.
Comunque i Marillion si presentano negli anni 2000 pieni di energia e di ispirazione. Il grande colpo (Marbles) è dietro l'angolo.
lunedì 14 settembre 2009
MARILLION - Anoraknophobia (2001)
Voto ☻☻☻
Quando usci Anoraknophobia venne accolto malissimo da tutti. Il suono sembrava essersi banalizzato, le melodie sembravano ripetitive, l'introduzione di alcune basi di batteria elettronica erano poi l'ultimo affronto verso i fan storici dei Marillion.
In realtà l'album risulta piacevole, rilassato e intrigante. Sono serviti anni per arrivare a questa valutazione ma direi che l'album abbia dimostrato il consueto coraggio da parte dei britannici di sfidare le aspettative dei fan. Se tutti i pezzi fossero stati un po' più corti di 1-2 minuti la valutazione sarebbe potuta essere anche migliore. Se l'inizio di Quarts può risvegliare i fantasmi di House il suo lento andamento risulta ipnotico e psichedelico. Ancora meglio funziona This is the 21st century, 11 minuti - forse troppi - di allucinate visioni progressive. Between you and me, Map of the world e Separated out rispecchiano il lato più aggressivo e melodico della band mentre When I Meet God resuscita fantasmi progressivi di grande dolcezza e malinconia. If my heart were a ball it would roll uphill rispecchia nel suo evolversi la pazzia del titolo.
Insomma un album piacevole che ha notevolmente migliorato col tempo il suo quoziente di gradimento.
martedì 8 settembre 2009
MARILLION - marillion.com (1999)
Voto ☻☻☻
Marillion.com definisce meglio le linee guida da Radiation pur senza grandi colpi di coda. Insieme al successivo album rappresentano un trittico di album di transizione, fondamentali quanto incerti; a degli sprazzi improvvisi di genialità si alternano a prove insapori e poco convinte.
L'inizio è molto gradevole: A legacy è molto retrò (forse troppo) ma le sonorità vintage avvolgono bene. Deserve è fra i brani che preferisco, molto moderna con il tocco di sassofono e la melodia vocale davvero trascinante. Go segue Few Words for the dead come opener dei concerti, una canzone lenta, ammaliante con un gran bel finale solare. Rich è puro divertimento, nulla più. Built in bastard radar è odiosa, sciocca, sempliciotta. Melgio la serena Tumble down the years anche se rimane sempre poco palpabile. Interior Lulu è un'improvvisa luce che si accende verso fine disco. 15 minuti innovativi e geniali. Non si ricalcano le direttive della precedente suite This Strange Engine. Moderne sonorità percussive lasciano il passo a un indiavolato solo di sintetizzatore ceh conduce a un'angosciante conduzione vocale di Steve Hogarth sfociante però in un bel ritornello con belle aperture. Un intermezzo semi acustico conduce a un momento quasi psichedelico, di attesa che prelude al finale sincopato e disperato. Davvero originale e davvero bella, purtroppo dimenticata dalla band almeno da 8-9 anni. E' un peccato che gli ultimi dieci minuti del disco siano occupati dalla stagnante House, quasi una musica da sottofondo in un pub affollato alle sette di sera. Mah...
Marillion.com rimane un disco non perfetto ma a tratti molto gradevole e con alcune sonorità che troveremo poi in Marbles.
mercoledì 2 settembre 2009
MARILLION - Radiation (1998)
Voto ☻☻½
Radiation è un album importante. I Marillion di oggi sono partiti dieci anni fa proprio con questo disco. All'epoca mi entusismò poco. Oggi me lo gusto meglio. Il suono di Brave viene attualizzato, snellito, imbastardito con le nuove tendenze electro-pop-rock dei Radiohead. Non essendo un particolare fan della band di Tom York posso dire tranquillamente che i Marillion risultano essere molto più interessanti e particolari dei Radiohead, pur avendo verso di loro un debito nemmeno tanto nascoto.
Under the sun è un bel brano rock, morde bene e fila alla grande. Answering machine è poco più che un divertissement in 6/8. Allegra quanto basta. Three minute boy inizia in stile Brave ma verso la metà cambia repentinamente in un rocker non particolarmente originale. I Marillion tirano fuori un'anima dolcissima in Now she'll never know e Born to run; molto piacevoli. Cathedral walls è il capolavoro del disco. Un acido dark prog d'atmosfera con un Hogarth schizzatissimo, il minimoog che mena le danze e un Rothery bello arcigno. Il finale di Few words for the dead (aprirà i concerti del tour) è lento e ipnotico e ci impiega ben 5 minuti la canzone per arrivare al liberatorio climax. Altri 5 minuti portano poi lentamente verso il rilassato finale. Brano molto strano, d'ispirazione Peter Gabriel. Intrigante.
L'album verrà votato miglior disco del 1998 dai lettori della rivista inglese Classic Rock. Senz'altro esagerato come giudizio. E' indubbio però che il disco risulta importante perchè apre una nuova strada ai Marillion, tutta da percorrere all'insenga dell'originalità e della qualità, con buona pace di giullari e camaleonti.
giovedì 27 agosto 2009
MARILLION - This Strange Engine (1997)
Voto ☻☻☻½
Primo disco in studio dei Marillion a non uscire per la EMI. This Strange Engine è un disco coraggioso e piacevole. Prevalentemente acustico e delicato.
Man of the Thousand Faces apre le danze alla grande. Un giro di accordi che mi ricorda la Because the Night di Springsteen trascina una canzone accattivante ma molto coinvolgente con Hogarth gra mattatore. Il finale in crescendo ci restituisce la solarità di Afraid of Sunlight.
La malinconica One fine day, fra i pochi brani elettrici, e l'allegra 80 Days, ancora acustica, proseguono senza sussulti il piacevole ascolto. Estonia è una lenta danza ipnotica condotta dai magici arpeggi di Rothery con uno splendido stacco centrale dove basso e tastiere spezzano l'atmosfera tesa creando un intermezzo spettrale di rara bellezza. Memory of water è un breve intermezzo di Hogarth. La canzone avrà una migliore resa qualche anno più tardi con un arrangiamento live decisamente migliorato. Accidental man ricorda vagamente una linea melodica dei Police e riporta i marillion su lidi più rock con un bel riff ancora di Rothery. Su Hope for the future on voglio sprecare parole: una vergognosa sud-americanata.
This Strange Engine è la favolosa suite (15 minuti) che chiude il lavoro. Forse il miglior brano composto dai Marillion di Hogarth. Atmosfere alla Seasons End si intersecano con dolci e malinconici stacchi pianistici d'ispirazione Brave; ogni sezione ha la sua importanza e la sua bellezza. Un brano fantastico.
In conclusione un buon disco con una brano superbo a suggellarlo. E' anche l'ultimo disco ad essere pesantemente influenzato dal suono di Brave.
Da ora in poi Marillion tenteranno di fondere il loro stile con una musica più contemporanea, riferendosi soprattutto ai Radiohead, ottenendo riscontri artistici alterni ma mai negativi.
MARILLION - Made Again (1996)
Voto ☻☻☻☻½
Passati sette anni dell'era Hogarth i Marillion decidono di pubblicare un altro doppio CD dal vivo e anche questa volta non sbagliano. Tre concerti vengono scelti da tre tour diversi. Dall'Holidays in eden tour abbiamo delle eccellenti versioni di Splintering Heart, Easter e The Space, unitamente alle più pop Cover my eyes, No one can e Waiting to happen. Senza soluzione di continuità il primo CD ci sposta di quattro anni in avanti per l'Afraid of Sunlight tour e le relative Beautiful, King, Afraid of sunlight, strizzando l'occhiolino anche agli anni passati con Hooks in you e le storiche Kaileigh e Lavender. Il secondo CD è interamente occupato da una completa a affascinante riproposizione di Brave. Che dire? Il fascino non è quello di The Thieving Magpie ma è innegabile che i Marillion hanno trovato la loro strada, sono riusciti a sopravvivere ottimamente alla dipartita del loro carismatico frontman, e continuano a proporre musica originale. Questo doppio CD dal vivo è una ottima testimonianza della resa live dei pezzi. Consigliatissimo.
mercoledì 22 luglio 2009
MARILLION - Afraid of Sunlight (1995)
Voto ☻☻☻☻
Quasi a sorpresa dopo poco più di un anno da Brave esce coraggiosamente Afraid of Sunlight. LA genesi del disco è stata molto più tranquilla rispetto al complesso predecessore.
Brave non aveva ottenuto il successo sperato e la EMI reclamava per coprire unpo' le perdite derivate dalla produzione del disco. Ecco che i cinque si mettono all'opera e confezionano un album fresco, molto piacevole, non soffocante. Otto brani ben congegnati. Una prima parte più leggera con la bella e zeppeliniana Gazpacho ad aprire le danze, proseguendo con la scialba ma divertita Cannibal surf babe, con il dolcissimo singolo Beautiful (per me dalle grandi potenzialità non sfruttate) e chiudendo la prima parte con la spettrale Afraid of Sunrise.
Se qualcuno ha storto il naso per una prima parte a momenti un po' alterni, sono stati davvero pochi quelli che si sono lamentati della seconda parte. Out of this world riporta i Marillion a momenti di drammaticità rintracciabili in Brave, ma con distensioni di atmosfera che riportano a Season's end e pure a Fugazi per un certo tocco gotico. La title track è un capolavoro e definisce perfettamente il nuovo corso dei Marillion. Una melodia vocale perfetta si appogia su un delicato accompagnamento di piano, con una ritmica che delicatamente si fa più presente fino a diventare imperiosa nel suo incedere. La canzone si chiude poi con dolcezza lasciando un gusto dolceamaro. Beyond you è fra i brani più sottovalutati del repertorio. Proposta in mono per ricordare il famoso suono ala Phil Spector, Beyond you è costruita su due sezioni dove le tastiere creano un lento crescendo sul quale la voce di Steve Hogarth fa davvero i miracoli. La canzone conclusiva King mostra gli artigli di MR. Rothery e lo fa davvero con energia, il tutto contrappuntato da begli effetti di sintetizzatore di Kelly.
Insomma un gran bel disco, l'ultimo per la EMI, il preferito di Steve Hogarth.
A distanza di quattordici anni è fra gli album che si riascoltano con maggior piacere.
Da assaporare in una serata di agosto, al tramonto.
Quasi a sorpresa dopo poco più di un anno da Brave esce coraggiosamente Afraid of Sunlight. LA genesi del disco è stata molto più tranquilla rispetto al complesso predecessore.
Brave non aveva ottenuto il successo sperato e la EMI reclamava per coprire unpo' le perdite derivate dalla produzione del disco. Ecco che i cinque si mettono all'opera e confezionano un album fresco, molto piacevole, non soffocante. Otto brani ben congegnati. Una prima parte più leggera con la bella e zeppeliniana Gazpacho ad aprire le danze, proseguendo con la scialba ma divertita Cannibal surf babe, con il dolcissimo singolo Beautiful (per me dalle grandi potenzialità non sfruttate) e chiudendo la prima parte con la spettrale Afraid of Sunrise.
Se qualcuno ha storto il naso per una prima parte a momenti un po' alterni, sono stati davvero pochi quelli che si sono lamentati della seconda parte. Out of this world riporta i Marillion a momenti di drammaticità rintracciabili in Brave, ma con distensioni di atmosfera che riportano a Season's end e pure a Fugazi per un certo tocco gotico. La title track è un capolavoro e definisce perfettamente il nuovo corso dei Marillion. Una melodia vocale perfetta si appogia su un delicato accompagnamento di piano, con una ritmica che delicatamente si fa più presente fino a diventare imperiosa nel suo incedere. La canzone si chiude poi con dolcezza lasciando un gusto dolceamaro. Beyond you è fra i brani più sottovalutati del repertorio. Proposta in mono per ricordare il famoso suono ala Phil Spector, Beyond you è costruita su due sezioni dove le tastiere creano un lento crescendo sul quale la voce di Steve Hogarth fa davvero i miracoli. La canzone conclusiva King mostra gli artigli di MR. Rothery e lo fa davvero con energia, il tutto contrappuntato da begli effetti di sintetizzatore di Kelly.
Insomma un gran bel disco, l'ultimo per la EMI, il preferito di Steve Hogarth.
A distanza di quattordici anni è fra gli album che si riascoltano con maggior piacere.
Da assaporare in una serata di agosto, al tramonto.
lunedì 13 luglio 2009
MARILLION - Brave (1994)
Voto ☻☻☻☻
L'ascolto di Brave è un lento inabissarsi nell'incubo disegnato dai testi di Steve Hogarth. Una storia cupa, attuale, psichedelica, drammatica, molto british. I Marillion con questo disco ricoprono il lato drammatico della loro musica abbandonato dai tempi di Clutching at Straws.
L'approccio al disco non è però dei più facili. I 71 minuti ininterrotti di musica, pur non così lineari come Misplaced Childhood o A Passion Play per intenderci, risultano molto densi, a tratti faticosi.
La prima mezz'ora è però ottimamente costruita e i brani sono splendidi: l'avvolgente Bridge immerge lentamente l'ascoltatore nei pensieri della protagonista ormai "on the verge of suicide". Gli armonici di Living with the big lie sono ormai un marchio di fabbrica indelebile di Mr. Rothery, grande protagonista del disco insieme all'altro Steve. La canzone molto cupa in perfetto stile floydiano di epoca Animals confluisce nella straziata Runaway, un altro gioiellino. Goodbye to all that è un insieme di framenti, di intuizioni tese a formare una splendida minisuite di dodici minuti. Dall'inizio schizzato e psichedelico passando per la pausa centrale fino allo scoppiettante finale di memoria fishiana. Il momento migliore si concude con l'energica Hard as love: sei minuti fantastici dove l'hard rock viscerale si incontra con la disillusione di Warm wet circle. Bellissimo.
La parte centrale dell'album composta da Hollow men, Alone in the lap of luxury e Paper lies fa registrare una flessione qualitativa anche se rimaniamo pur sempre su buoni livelli. Hollow men è troppo, troppo sdolcinata e melensa. Alone again ricicla il giro armonico di The Last Straw ma con meno energia, pur rimanendo piacevole. Paper lies risveglia l'ambiente anche se la prima parte è un po' zoppicante, non perfettamente nelle corde dei Marillion. La mistica title track Brave riporta il disco su livelli d'eccellenza: i tappeti di Mark Kelly regalano brividi e la voce di Steve Hogarth disegna melodie ancestrali mentre il resto della band regala uno stacco centrale carico di tensione che sfocia nel capolavoro massimo The Great Escape. In sei minuti i Marillion riassumono tutte le atmosfere del disco in modo magistrale. Una minisuite in tre parti che può richiamare un po' la struttura di Warm wet circle anche se più basata sul pianoforte. Il finale Falling from the moon è di un romanticismo fine e sofferto e l'assolo finale di Rothery è assolutamente sublime. La perfezione. Ecco che la conclusione di Made again, dopo cotanto brano, risulta un po' sottotono. Un bel brano acustico, rilassante, che giunge però quando la tensione si è allentata, quando la storia ha ormai detto tutto.
Brave può essere definito come il primo vero album dei nuovi Marillion post Fish. Con questo disco creano un loro nuovo stile musicale, più asciutto, con meno fronzoli, viene sempre di più usato il pianoforte, si ricoprono gli organi, la chitarra di Rothery assume distorsioni più personali.
Insomma un sound personalissimo che li accompagnerà per molti album a venire, e le cui influenze non si sono esaurite neppure negli ultimi dischi degli anni duemila.
martedì 30 giugno 2009
Marillion - Holidays in Eden (1991)
Voto ☻☻½
Non è stato facile convivere con Holidays in Eden. Da un lato la tendenza a evidenziarne gli elementi positivi (ce ne sono) dall'altro l'innegabile evidenza di una commercializzazione di fondo della musica.
Ciò nonostante il disco, anche riascoltato oggi, risulta piacevole, molto estivo, leggero.
La produzione è la maggior responsabile di questa svolta pop. Suoni molto leggeri, cristallini, poco graffianti. Dryland, Cover My eyes, Waiting to happen, No one can sono quattro brani pop-rock affatto brutti. Bei ritornelli e arrangiamenti azzeccati. The Party sa un po' di incompiuta ma ha un Ian Mosley in grande spolvero. This Town risulta un po' troppo semplificata rispetto alla versione inserita nel DVD From Stoke Row to Ipanema però dal vivo scalderà parecchio gli animi. Ci sono però due capolavori indiscussi: la conclusiva 100 nights davvero splendida e variegata e l'iniziale Splintering Heart, degna dei fasti passati, con i due Steve in grande evidenza.
In definitiva un album piacevole ma un esperimento riuscito a metà. L'animo dei Marillion risiede nel dramma, nel pathos, nella sofferenza, nei chiaroscuri, tutti elementi che si ritroveranno alla grande nell'album successivo tre anni più tardi.
giovedì 18 giugno 2009
MARILLION - SEASONS END (1989)
Voto ☻☻☻☻
I rischi non erano alti...erano altissimi. Con le dovute proporzioni sostituire un cantante/personaggio come Fish, riportava alla memoria la dipartita di Peter Gabriel dai Genesis. Se i Genesis ebbero enorme fortuna nel trovare all'interno della band un validissimo sostituto, i Marillion dovettero percorrere le consuete strade: conoscenze, nastri e cassette di cantanti poco noti. Il prescelto fu Steve Hogarth. Un perfetto signor nessuno. La prima immagine di Steve ceh vidi fu pubblicata su Paperlate.
Non so perchè ma il tipo mi ispirava fiducia. Non troppo alto, scuro di capelli, sguardo serio. Sempre gli amici di Paperlate riuscirono a entrare in possesso di una cassettina con il nuovo album registrato quasi per intero (mancava the Space). La prima impressione fu di stupore. I pezzi erano davvero belli. Se King of Sunset Town introduceva al disco con sonorità prima avvolgenti, con un crescendo di tastiere da brivido, e poi con sferzate di chitarra sempre più decise era proprio la voce di Steve a primeggiare. Bella, piena, decisa, potente e dolce alla bisogna. Un impatto travolgente. Easter (dal vivo oggi la sopporto poco devo ammettere, troppo sfruttata dalla band, ma in studio rimane un gran bel brano) presentava ai fan sonorità nuove; una chitarra acustica così in primo piano i Marillion non l'avevano mai usata. In 6 minuti Easter presenta 3 atmosfere diverse: la prima narrativa, dolce e malinconica, poi il momento drammatico dello splendido solo di Rothery e quindi il finale agrodolce con bellissimi cori e calde tastiere. Nei primi due brani già si capiva il nuovo corso dei Marillion: chitarre a menare le danze là dove prima il moog e i synth intessevano riff e melodie. Le tastiere non sono affatto scomparse però: i caldissimi tappeti dell'album diventeranno un marchio di fabbrica per MArk Kelly che sempre di più nel corso degli anni si specializzerà in arrangiamenti e in creazione di atmosfere molto fini e raffinate come possiamo sentire negli ultimi lavori della band.
Tornando al disco possiamo dire che Seasons end racchiude alcune canzoni davvero splendide oltre alle due apripista. La title track (fra i brani più tristi e intensi che abbia mai ascoltato), Berlin (una vera minisuite in sette minuti e mezzo) e la conclusiva The Space (parte da White Russian e arriva a Diary of a Madman di Ozzy) rappresentano quanto di meglio i Marillion hanno prodotto senza Fish. Altri brani fungono da allegerimento ma senza scadere nel troppo facile: The Uninvited Guest è molto divertente e con un testo molto sagace, il singolo Hooks in you è energia e divertimento puri mentre Holloway Girl sa un po' di incompiuta.
La cigliegina sulla torta è rappresentata dalle B sides, da sempre scelti con grande cura dalla band: After me (retro di Hooks in you) è un gioiellino che inizia acustico e poi si trasforma in un trascinante finale elettrico, The Release (retro di Easter) possiede un'atmosfera estiva molto solare, divertita, The Bell in the Sea (retro di The Uninvited Guest) è infine un capolavoro da aggiungere ai tre capolavori presenti sul'album: dannatamente inglese.
In conclusione un gran bel lavoro di fine anni ottanta che divise, per forza di cose, i vecchi fan.
mercoledì 10 giugno 2009
Marillion - The Thieving Magpie (1988)
Voto ☻☻☻☻☻
La malinconia è il sentimento che più di ogni altro ci attanagliava durante l'ascolto di questo doppio vinile. Forse per questo non è stato valutato per quello che in realtà era, ossia un bellissimo album live. Un documento. Oggi, con un pizzico di nostalgia più che malinconia, possiamo esaminarlo con cura, assaporandone ogni risvolto.
I Marillion preferirono scegliere brani da diverse annate. Si va dal tour di Fugazi, con splendide versioni di He Knows you know, Chelsay Monday, Script, Jigsaw, Punch and Judi e Fugazi, al divertentissimo Welcome to the garden party tour del 1986, con l'intero Mislaced Childhood (sulla versione LP veniva riportata solo la prima parte) più Freaks, fino all'ultimo tour 1987/88 con i brani di Clutching at Straws: una versione definitiva di Slainte Math, White Russians, Sugar Mice e Incommunicado. Un album clamoroso, affascinante, caldo, avvolgente, esaltante cantato, suonato e riegstrato a meraviglia.
Il suggello a un'epoca, quella del new-Prog, definitivamente conclusa. I folletti, le sentinelle e i giullari erano tornati nel loro mondo fatato. Questo disco rimane però una chiave, polverosa e consumata, in grado di aprire uno scrigno di ricordi bellissimi e indimenticabili.
La malinconia è il sentimento che più di ogni altro ci attanagliava durante l'ascolto di questo doppio vinile. Forse per questo non è stato valutato per quello che in realtà era, ossia un bellissimo album live. Un documento. Oggi, con un pizzico di nostalgia più che malinconia, possiamo esaminarlo con cura, assaporandone ogni risvolto.
I Marillion preferirono scegliere brani da diverse annate. Si va dal tour di Fugazi, con splendide versioni di He Knows you know, Chelsay Monday, Script, Jigsaw, Punch and Judi e Fugazi, al divertentissimo Welcome to the garden party tour del 1986, con l'intero Mislaced Childhood (sulla versione LP veniva riportata solo la prima parte) più Freaks, fino all'ultimo tour 1987/88 con i brani di Clutching at Straws: una versione definitiva di Slainte Math, White Russians, Sugar Mice e Incommunicado. Un album clamoroso, affascinante, caldo, avvolgente, esaltante cantato, suonato e riegstrato a meraviglia.
Il suggello a un'epoca, quella del new-Prog, definitivamente conclusa. I folletti, le sentinelle e i giullari erano tornati nel loro mondo fatato. Questo disco rimane però una chiave, polverosa e consumata, in grado di aprire uno scrigno di ricordi bellissimi e indimenticabili.
giovedì 9 aprile 2009
Marillion - Clutching at Straws (1987)
Voto ☻☻☻☻½
Nell'ottica di una votazione rigida Clutching at straws si prende mezza stella in meno dell'eccellenza, ma è davvero voler fare i pignoli.
CAS rappresenta l'album più originale prodotto dai Marillion con o senza Fish. L'atmosfera sprigionata è affascinante. Il concept, incentrato sui problemi "alcolici" del carismatico cantante scozzese, comprende alcune fra le liriche migliori di Fish. Musicalmente il distacco è notevole: timbriche più secche, tastiere meno invadenti, chitarra decisamente più in evidenza, più Pink Floyd che Genesis insomma.
L'album si apre con una minisuite: Hotel Hobbies/Warm Wet Circles/That time of the Night.
Hotel hobbies è formidabile nel creare una dimensione da bar fumoso, affollato. I primi campionamenti usati da Mark Kelly contribuiscono perfettamente allo scopo. L'esplosione di chitarra verso il secondo minuto rappresenta un nuovo marchio di fabbrica per la band. Dolcemente si scivole verso Warm Wet Circle e i delicati arpeggi di Mr. Rothery cesellano una canzone fantastica che raggiunge il suo apice quando Fish giganteggia nella parte potente del brano "She nervously undressed..." e ci accompagna verso il finale stratosferico in 5/4, soffuso, straziante, agrodolce.
That time of the night non possiede la bellezza dei primi due brani ma conserva una buona potenza che da grinta all'intero lavoro.
Going under (retro di Incommunicado inserita nella versione in CD del disco) è un gioiellino con gli arpeggi fatati e più che mai malinconici di Rothery. Just for the record è l'unica canzone del disco mai eseguita dal vivo. In effetti la quantità di tastiere usata è imbarazzante e servirebbro 6 mani per eseguire tutte le parti. E' un gran bel divertissement con Kelly super protagonista e il minimoog a farla da padrone. White Russian chiudeva la prima facciata ed era una perla rara. Angosciante, arrabbiata, epica. Non possedeva i ladirinti di Fogotten Sons ma possedeva una rabbia mai vista prima nel gruppo. Il finale è super epico. La seconda facciata si apriva con Incommunicado, brano divertente con un riff e un solo di minimoog molto belli. Torch song riportava la bilancia sonora verso steve Rothery. Canzone tristissima ma densa di atmosfera e con una profezia allarmante che per fortuna non si è avverata "You won't reach thirty"...
Slainte Mhath è una gran bella danza celticheggiante, anche se però dal vivo rendeva il doppio (vedi versione di Thieving Magpie), con un Fish superlativo.
Sugar mice è smielata. Bel pezzo, molto dolce, romantico. The Last Straw è il capolavoro finale, sia dal punto di vista lirico che musicale. Il piano di Kelly e la chitarra di Rothery si fondono perfettamente in un brano semplicemente rock: un 4/4 perfetto. Melodia sublime e solo di chitarra strappa anima. Il finale poi con l'aiuto della corista e quel "We're clutching at straws...and still drawning" lascia trasparire il momento negativo del life-style Fish.
In definitiva un'altra perla, l'ultima con Fish come cantante. Il ricordo del giorno di uscita di questo disco è netto: una pomeriggio afoso di maggio del 1987 con un temporale che di lì a poco si sarebbe abbattuto su Milano. Questo disco è così.
giovedì 19 marzo 2009
Marillion - Misplaced Childhood (1985)
VOTO ☻☻☻☻☻
VOTO ☻☻☻☻½ (Aggiornato al 2011)
Che voto dargli? E' stato il disco per antonomasia della mia adolescenza. Si è detto tutto di questo disco. Ancora bellissimo, ingenuo, avvolgente, trascinante dopo tutti questi 24 anni. Una prima parte più semplice, costruita perfettamente, un po' come la prima facciata di The Wall. "Kayleigh" e "Lavender" sono due singoli perfetti, non troppo ruffiane da provocare smorfie in noi vecchi affezionati, ma nemmeno troppo complesse per non tagliere fuori nuove legioni di fan.
L'attacco di "Pseudo Silk Kimono" nella sua semplicità riassume la perfezione dell'album. La prima parte di "Bitter suite" e "Waterhole" sono i momenti che meno mi piacciono ma niente male comunque. Heart of Lothian vede finalmente le prime note di mini moog, che piano piano si astrae dal sound del gruppo, e uno Steve Rothery che furoreggia. Pezzo splendido e con quel finale soffuso da pelle d'oca. La seconda parte è più elaborata, più scura. "Lords of the backstage" è un aperitivo ai miei due brani preferiti. "Blind Curve" in nove minuti riassume molte delle atmosfere tipiche della prima fase dei Marillion. Non ho mai perdonato a Rothery la sua scelta di non eseguire mai dal vivo quegli "ululati" di chitarra su "Vocal under a Bloodlight" : forse il miglior attimo del disco. La minisuite procede poi con la dolce "Mylo" fino all'esplosione finale dove si riprende il tema portante del disco. La musica ininterrotta fluiscce nella bellissima "Childhood's End". E anche qui non perdonerò mai i Marillion di aver tagliato a un certo punto del tour (come testimoniato su The Thieving Magpie) la terza strofa cantata dopo l'assolo. Perchè? Quel minuto e mezzo rovinava tutto? Comunque...brano fantastico e pieno di dolcezza e energia. Il disco si conclude in leggerezza con "White feather" che è ametà tra un inno e una marcetta.
Se brano per brano Misplaced Childhood non regge il confronto coi due mostruosi predecessori, si afferma invece per la sua coesione, la sua immediatezza, per i suoi arrangiamenti sapienti e delicati.
Un grandissimo disco che fotografa forse il periodo (1985/86) più felice e fortunato dei Marillion.
Marillion - Real to Reel (1984)
VOTO: ☻☻☻☻ ½
Dopo un'accoppiata spettacolare la EMI decide di pubblicare, forse troppo presto, un live album a prezzo conveniente. Dal tour di Fugazi vengono prese solo 6 tracce (7 per la musicassetta e il CD). Le versioni di "Assassing" non è fra le migliori, un po' impastata e con un Fish non al massimo. Il resto però va alla grande. "Incubus" è intensissima, così come "Emerald Lies", che però non ha la potenza della versione in studio. "Cinderella Search" è un capolavoro: la migliore versione mai sentita, con quel solo di chitarra prolungato sul finale...fantastico. La seconda facciata, che in pratica ripercorre i bis dello tour, è un totale divertimento e coinvolgimento. "Forgotten Sons" nella sua versione estesa con il finale teatrale di Fish e il medley di "Garden Party/Market Square Heores" testimoniano un'epoca purtroppo irripetibile: tecnica non eccessiva, ma grande ispirazione compositiva, melodie magnifiche, brani spettacolari e coinvolgimento assicurato. I primi anni della New Prog Way!
Marillion - Fugazi (1984)
VOTO: ☻☻☻☻ ½
VOTO: ☻☻☻☻☻ (aggiornato al 2011)
Per essere chiari: "Assassing", "Punch and Judy", "Emerald Lies", "Incubus" e "Fugazi" sono dei capolavori. "Jigsaw" e "She Chamaleon" sono "solo" degli ottimi brani. Da qui il mezzo voto in meno rispetto a Script. Cerco infatti di utilizzare un metro di valutazione stretto altrimenti darei il massimo dei voti a tutti gli album. Fugazi è infatti un bellissimo disco dai vertici altissimi. Il prog malinconico e teatrale di Script viene modernizzato, attualizzato. Il sound di fa un po' più heavy e tagliente. Peccato il suono di batteria davvero troppo potente e irreale. "Assassing" è la perfetta intro dei concerti e rimane a tutt'oggi fra i brani più particolari dei Marillion. Un prog attualissimo, vivo, divertente, coinvolgente. Dedicata o ispirata al licenziamento di Mick Pointer, il precedente batterista. "Punch and Judi" è tutta basata sul ritmo e il nuovo entrato Ian Mosley la fa da padrone con una prestazione superlativa. Brano divertentissimo. Gemma assoluta. Jigsaw è indubbiamente un bel brano romantico. Delicata la strofa, bel ritornello e bell'assolo di chitarra. Alla fine però non sia ha stessa soddisfazione degli altri brani. "Emerald Lies" è potentissima. Quasi dark-prog viste le sue atmosfere malsane. Forse il brano più potente della storia dei Marillion "Innocence...". Fantastico. "She Chamaleon" con i suoi intrecci gotici di organo costruisce una bella atmosfera però alla fine il discorso è quello di "Jigsaw". "Incubus" è il brano preferito da Fish. Ci ho messo un po' a farmelo piacere appieno. Si tratta di una classica minisuite ben costruita. Fish ai massimi livelli espressivi. Steve Rothery molto ispirato. "Fugazi" è un capolavoro tra i capolavori. Rabbiosa, devastante, trascinante. Fra i brani più belli in assoluto. La chitarra di Rothery conquista più spazio ma le tastiere di Mark Kelly cesellano come al solito alla grande. L'album, nonostante la difficile fase compositiva, andrà ancora meglio del precedente e preparerà i Marillion al grande successo di Misplaced Childhood.
Marillion - Script for a Jester's Tear (1983)
VOTO: ☻☻☻☻☻
L'album che me li ha fatti scoprire. Una sera mio fratello si fece prestare dall'amico di pianerottolo (Roby tu sia benedetto!) questo autentico capolavoro che resuscitò d'incanto fantasmi del passato. Le orribili risatacce di "Mama" furono spazzate via. La drammatica atmosfera di questo album è tutt'oggi vivissima. Il grande cerimoniere Fish dispensva gabriellismi a sazietà caratterizzandoli però con una verve più moderna e diretta. La malinconia pervade gran parte dell'album, ottimamente prodotto tra l'altro. "He knows you know" fu la prima canzone che sentii alla radio (Garavelli sii benedetto pure tu). Amore a primissima vista. Il giorno dopo venne trasmessa "Chelsay Monday". I riferimenti genesisiani sono senz'altro evidenti ma trattati con un gusto tipicamente anni ottanta: semplificazione delle ritmiche, chitarra un po' più aggressiva, grande spazio ai moog e ai sinth, meno pianoforte e organo. L'indimenticabile title track e "The Web" hanno il fascino che solo soffitte polverose e piene di ragnatele possiedono; ovviamente i bauli di queste soffitte sono pieni di tesori. Il tastierista Mark Kelly disegna intrecci di moog affascinanti e il chitarrista Steve Rothery contrappunta preciso e tagliente con la sua sei corde. "Garden Party" alleggerisce un po' l'atmosfera regalando unpo' di allegria. La conclusiva "Forgotten sons" ci regala 8 minuti di enfasi e coinvolgimento totale. I testi di Fish riguardano in gran parte sue esperienze con immagini portate all'estremo dalla vis poetica del cantante. E pensare che per un po' di anni rinunciai ad acquistarne la versione in vinile in quanto l'edizione italian non mi soddisfaceva con tutta la sua opacità di copertina. (con Fugazi la EMI italiana riuscì a fare pure peggio pubblicandolo a busta unica e eliminando pure i testi). Finalmente il mitico negozio Buscemi di Milano entrò in possesso (solo per poche ore, perchè la comprai subito io) un'edizione francese dell'LP molto bella. Non avete mai ascoltato Script for a Jester's Tear ? Avete una gran lacuna da riempire, fatevelo dire.
Marillion - Market Square Heroes (1982)
VOTO: ☻☻☻☻☻
1982...i Genesis scrivevano il loro epitaffio sul bel live Three (o Four) Sides live. Nella città di Aylesbury i loro ideali succesori davano alla luce l'EP (come veniva chiamato allora un platter a 33 giri ma dalla durata limitata, circa la metà di un normale LP) Market Square Heores.
E luce fu! Il fascino che fuoriusciva dai solchi di questo storico disco era abbagliante. "Keep it dark" e "Who dunnit" erano dimenticate in un batter d'occhio. Le abbondanti tastiere e la voce gabrielliana (ma poi non così gabrielliana) di Fish erano delle autentiche riscoperte. Le similitudini coi genesis di epoca gabriel si sprecavano ma le differenze di sound e di ritmo erano notevoli. Prima di tutto perchè nè Mick Pointer nè il brano Mark Kelly possedevano le doti tecniche di Mr. Banks e di Phil Collins.
E poi perchè l'organo hammond era praticamente messo daparte in favore dei nuovi suoni degli anni ottanta, il pianoforte era uno sconosciuto e le ritmiche di batteria avevano perso quel gusto jazzato che aveva caratterizzato gli anni settanta.
Il minimoog resisteva imperterrito e rimarrà il marchio di fabbrica dei Marillion fino a Clutching at Straws.
Per quanto riguarda le canzoni, l'allegra "Market Square Heores" con il suo indiavolato riff di minimoog e la dannatamente londinese "Three Boats Down from the Candy" rimangono dei gioiellini indimenticabili della New Progressive Wave. La seconda facciata dell'EP era occupata interamente dai 17 minuti dell'epica Grendel. Un brano affascinante, non particolarmente complesso, ricco di cambi d'atmosfera e con una grande interpretazione di Fish. Nello stesso anno di Fact and Fiction dei Twelfth Night MSH rappresenta la spinta definitiva all'affermazione della musica rock progressiva in Gran Bretagna.
mercoledì 18 marzo 2009
giovedì 26 febbraio 2009
At last!! Genesis 1970-75 box set
1970 - 1975 Box Set
UK / Eur. Rel. Date : 15 September 2008 / 06 October 2008 (????)
US Rel. Date : September 2008
Format : Europe - SACD/DVD-V : US - DVD-V/CD
Audio : DTS 5.1, DD 5.1
Contents : Tresspass - CD / SACD / DVD
Looking for Someone (7:02) / White Mountain (6:44) / Visions of Angels (6:51) / Stagnation (8:46) / Dusk (4:11) / The Knife (8:53) / DVD Extras - Reissues Interview 2007 (42:35)
Nursery Cryme - CD / SACD / DVD
Musical Box (10:31) / For Absent Friends (1:48) / Return of the Giant Hogweed (8:09) / Seven Stones (5:09) / Harold the Barrel (3:00) / Harlequin (2:56) / The Fountain of Salmacis (8:00) / DVD EXTRAS - Reissues Interview 2007 (36:19)
Foxtrot - CD / SACD / DVD
Watcher of the Skies (7:22) / Time Table (4:46) / Get 'em out by Friday (8:36) / Can-Utility and the Coastliners (5:45) / Horizons (1:41) / Supper's Ready (23:04) / DVD EXTRAS - Reissues Interview 2007 (34:18) / Brussels, Belgium (Rock of the 70's 1972 (29:22) / Rome, Italy (Piper Club 1972) (4:07)
Selling England By The Pound - CD / SACD / DVD
Dancing with the Moonlit Knight (8:02) / I Know What I Like (In your Wardrobe) (4:10) / Firth of Fifth (9:35) / More Fool Me (3:10) / Battle of Epping Forest (11:44) / After the Ordeal (4:15) / The Cinema Show (10:41) / Aisle of Plenty (1:56) / DVD EXTRAS - Reissues Interview 2007 (32:38) / Shepperton Studios, 1973 (1:00:50) / Bataclan, France 1973 (33:52)
The Lamb Lies Down On Broadway - CD / SACD / DVD
The Lamb Lies Down on Broadway (4:51) /Fly on a Windshield (2:44) / Broadway Melody of 1974 (2:11) / Cuckoo Cocoon (2:13) / In the Cage (8:09) / The Grand Parade of Lifeless Packaging (2:44) / Back in N.Y.C. (5:36) / Hairless Heart (2:06) / Counting Out Time (4:12) / The Carpet Crawlers (5:11) / The Chamber of 32 Doors (5:39) / Lilywhite Lilith (2:48) / The Waiting Room (5:15) / Anyway (3:08) / Here Comes the Supernatural Anaesthetist (2:56) / The Lamia (6:56) / Silent Sorrow in Empty Boats (2:58) / The Colony of Slippermen (8:11) / Ravine (2:06) / The Light Dies Down on Broadway (3:32) / Riding the Scree (4:06) / In the Rapids (2:18) / It (4:17) / DVD EXTRAS - Reissues Interview 2007 (50:00) / Melody French TV 1974 (30:25)
Extras 1970 - 1975 - CD / SACD / DVD
Happy the Man (7" single) (3:10) / Twilight Alehouse (B-side (I Know What I Like) (7:48) / Going out to get You (Demo) (4:55) / Shepherd (BBC Nightride) (4:04) / Pacidy (BBC Nightride) (5:44) / Let us now make Love (BBC Nightride) (6:16) / Provocation (Genesis plays Jackson) (4:10) / Frustration (Genesis plays Jackson) (3:42) / Manipulation (Genesis plays Jackson) (3:49) / Resignation (Genesis plays Jackson) (3:01) / DVD EXTRAS - Reissues Interview 2007 (6:00) / Box Set 1967 - 1975 VH1 Special (tbc)
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